S'Aràbu intervista la scrittrice sedilese Tittina Frau, la quale di recente la pubblicato il suo ultimo lavoro: Careluna, un romanzo in lingua sarda ambientato a Sedilo negli anni '60.
Parla del tuo ultimo romanzo, Careluna.
Il romanzo Careluna, scritto in lingua sarda, è ambientato nella Sedilo degli ultimi anni Sessanta del 1900. La protagonista racconta le manifestazioni studentesche del 1968 e il ritorno in paese per insegnare nella locale scuola media. Le vicende personali e collettive si svolgono nell’arco di tempo che va da marzo a novembre. Elemento unificante è la tesi di laurea su cui l’autrice lavora nel corso dell’intero anno e che dedica alla nonna. I genitori, le zie, gli zii e i nonni, con il loro affetto la spronano a non arrendersi e ad avere fiducia in tempi migliori. Le vicende vissute si alternano con i ricordi della fanciullezza passata nella loro casa, in quella piazza grande di Mandraudda di fronte a Su Padresusu, i giochi con le coetanee, la penuria di cibo, le ingiustizie e l’arretratezza della società sarda. Il 1968 in Sardegna viene ricordato non solo per l’occupazione delle Università e delle scuole, ma anche per la recrudescenza del banditismo e dei sequestri di persona, oggetto di discussione a scuola, a casa e nel Circolo, frequentato assiduamente dagli studenti, timidamente dai giovani pastori, quei pochi che non erano emigrati nel continente e all’estero.
Careluna si dedica con entusiasmo all’insegnamento, con altrettanto entusiasmo gli alunni rispondono agli stimoli della loro insegnante, volti alla conoscenza della storia della Sardegna, di cui lei approfondisce uno dei periodi più controversi, quello della dominazione spagnola, in quanto argomento della tesi di laurea. La ricerca di documenti la porta a Cagliari, dove incontra la maestra delle elementari, anche lei appassionata del periodo, che si offre di aiutarla. Sul filo dei ricordi le due donne rivivono i primi anni cinquanta, cui la ragazza fa spesso riferimento nello snodarsi di tutto il racconto. Nell’ultima parte vi si narra l’autunno caldo del Nuorese e i fatti di Orgosolo. Il romanzo si conclude con la consegna della tesi da parte della giovane, tesi che lei dedica all’amatissima nonna, trovata in fin di vita al suo rientro da Roma.
Un romanzo che non scriveresti mai.
Non scriverei mai un libro che parli della sfiducia e delle speranze deluse dei giovani.
Qual’è la cosa che ricordi con maggior piacere della tua infanzia sedilese?
Ricordo con nostalgia i giochi a Mandraudda e la casa di mamai Bellu, la nonna che aveva in serbo per i nipoti sa cocoi de pane bianca e croccante, soprattutto quando la nostra madia era vuota. Appena entrati in cucina si alzava dalla seggiola e apriva la madia per prendere sas cocois, mentre il nonno ci tagliava un pezzo del formaggio messo a stagionare sul canniccio. Pane e formaggio, rena e crachina, dicevano i nonni, alimenti indispensabili per i bambini che negli anni cinquanta raramente si cibavano di carne. Il pane e il formaggio ci avrebbero fatto crescere belli, sani e intelligenti.
Quando hai iniziato a scrivere?
Il primo romanzo da me scritto nei primi anni novanta, è Nordai, ambientato durante il giudicato di Arborea, seguirono Eurania di Thalasai, i cui fatti risalgono al periodo di Amsicora, Sos de Parte Cier, dove il periodo trattato è il 1600; in mezzo Eleonora de Guilcieri, che parla degli anni cinquanta-sessanta del secolo scorso.
Tra l'uno e l'altro ho trattato argomenti su lingua sarda, (Su Guilcieri Faeddos Fainas Ainas); Faeddande de sa Limba in sos Limbazos de Sardinna (coautore Franco Schirra; sull'alimentazione (Mandigos e Usantzias in Sardinna (coautore P. Puddu); Pane e Casu (coautrice M. Campus); la Vite e il Vino-Storia Mito Letteratura (coautrice M. Campus;) una monografia (Abbasanta e la sua Gente (coautore P. de Rosa); S'Ardia a pè, coautrice M. Frau. Inoltre ho collaborato alle Monografie su Sedilo e su Abbasanta, al libro Arbures Molas Matas: Piante tra Natura e Tradizione nella Civiltà Agropastorale Sarda, scritto Manuela e Sergio Campus, con il contributo di O. Campus. Molti sono anche i racconti inseriti in antologie letterarie.
Hai conosciuto S’Aràbu di persona, che ricordo hai di lui?
Ricordo molto bene tziu Zusepe Sarabbu, lo rivedo vicino al fuoco nella grande cucina-ingresso-sala da pranzo e salotto, con la porta sempre aperta per accogliere con fare gentile parenti e amici, ricordo con affetto la moglie, tzia Tanedda Careddu, cugina di mamma, le cui madri erano sorelle e le cui figlie si volevano bene come sorelle, a tzia Costantina dedico un capitolo in Careluna.
Hai scritto “Mandigos e usantzias in Sardinna”. Qual’è la leccornia che consiglieresti ad uno chef?
Tra le ricette di Mandigos e Usantzias, ma anche degli altri libri di cucina, come primo piatto consiglierei Su trigu cotu de Sedilo, un piatto antico, sano ed energetico. In alternativa sos macarrones de urte. Come secondo z'mmburzu frissu cun berdas (un miscuglio di erbe campestri).
Qual’è il tuo rapporto le nuove tecnologie e con Internet?
Non ho molta dimestichezza col computer, so solo scrivere e collegarmi con Internet.
Avendo vissuto il 1968, pensi che questo possa essere periodo fertile per reali cambiamenti politici e culturali?
Degli avvenimenti del 1968 parlo a lungo nel mio prossimo libro dal titolo Su Sessantotto, scritto in italiano. Purtroppo ho dei dubbi su quanto di quelle lotte e aspirazioni si sia realizzato.
Dove si possono acquistare i tuoi libri e quale sarà la tua prossima opera?
A parte Careluna, forse Su Guiltzieri, faeddos fainas ainas, i miei libri non si trovano più in Libreria, presto verrà pubblicato Alimentos sardos in dies de festa, anch'esso bilingue, corredato di centinaia di foto, contenente le pietanze tradizionali durante le feste religiose e civili a partire da gennaio fino a dicembre.
[27 gennaio 2014]
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