A pochi giorni dalla dura manifestazione di un gruppo di cavalieri di Sedilo contro il parroco Don Agostino Carboni, Giampietro Carboni fa un'analisi dell'accaduto.
Prima di tutto attenzione alla stampa, distorce la realtà.
“Don Carboni è stato attaccato da un gruppo di cavalieri dopo l'invito del sacerdote a rispettare la nuova normativa sulla sicurezza”, scrivono i giornali. Non è vero! Don Carboni non ha “invitato”, Don Carboni ha “minacciato” i cavalieri. Finchè invitava e basta non è successo nulla. Quando però ha aggiunto: "Se non vi iscrivete non avrete la bandiera!", ha trasformato l’invito in una minaccia. Gravissima a Sedilo. Gravissima per i giovani di Sedilo. Gravissima perché colpisce il futuro della festa che è il cuore identitario della nostra comunità. Lo sapete meglio me. Perché nessuno lo dice chiaramente? Perché nessuno condanna la minaccia? Voglio cominciare io.
“Don Carboni è stato attaccato da un gruppo di cavalieri”. Attaccato? Sapete perché nelle nostre comunità si usa simbolicamente l’asino per invitare qualcuno ad andar via o ad abbandonare un ruolo assegnatoli dalla comunità? I nostri padri dicevano: "Sei venuto a cavallo e abbiamo riposto in te stima e fiducia, vai via a cavallo dell’asino perché hai perso la nostra stima ed hai dimostrato di non meritare la nostra fiducia". Non c’è stata violenza in quella manifestazione di dissenso ma soprattutto non c’è stata vigliaccheria perché si è tenuta di giorno ed a volto scoperto. Cosa c’è di inciviltà in tutto questo? Perché non lo dice nessuno? Voglio cominciare io.
E per finire due cose su leggi e regole. L’ardia è un rito, e come tutti i riti ha le sue regole. Non scritte ma importantissime. Regole che la nostra comunità si è data nel tempo e che la tengono unita. Regole che dal punto di vista emozionale sono importanti quanto se non di più delle leggi scritte. E non ci vuole superficialità per trattare questo argomento se il rito deve continuare.
Giampietro Carboni
[26 giugno 2010]
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