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Santino Meloni, coordinatore sedilese del Movimento Pastori, illustra le ragioni storiche della pluridecennale crisi del settore agricolo e indica le proposte da attuare per risollevare il settore economico più importante dell'isola.
Il movimento nasce negli anni Novanta alla conclusione di una manifestazione organizzata dalla Coldiretti a Cagliari rivelatasi un’ulteriore occasione di rafforzamento del sindacato ma di fatto di nessuna utilità per la categoria a agricola e pastorale.
In questa circostanza, un gruppo di giovani esuberanti, delusi dall’ennesimo esito inutile della manifestazione, decidono di continuare la loro battaglia da soli, dando vita ad un movimento autonomo e apolitico, disposto a lasciare le proprie campagne e ascendere in piazza affinché venga dato il giusto riconoscimento al proprio lavoro senza l’intervento di intermediari che si accontentano delle “piccole briciole” concesse dai politici del momento.
Battaglia dopo battaglia, il movimento ha attirato a sé un numero sempre maggiore di sostenitori che oggi sembra rappresentare la maggioranza della categoria dei pastori.
Nel periodo compreso tra gli anni Settanta e la metà degli anni Ottanta ci fu una notevole crescita del mondo agricolo a livello nazionale, dopodichè l’Italia, in linea con quanto accadeva in altre nazioni europee, decise di passare da nazione prevalentemente “agricola” a nazione “industriale”. Dalla seconda metà degli anni Ottanta, il mondo politico, in accordo con i sindacati, cominciò a concedere soldi affinché si attivassero delle misure che ponessero un freno alla produzione nel settore agricolo (vedi “terreni a riposo”, il “biologico”, i “seminativi extra”, etc.) e portassero al lento svuotamento dei granai cerealicoli delle aziende. Nel frattempo che in Italia la produzione agricola decresceva, in altre nazioni questa si faceva sempre più forte, l’inflazione saliva e per l’Italia non fu più possibile ritornare al suo periodo più florido.
Io ricordo la Sardegna nel ventennio dal Sessanta agli anni Ottanta ricca di campi coltivati con cereali in asciutto e irrigui, con bietole, pomodori, ma da allora non è stato più possibile vederla così a causa dei costi altissimi di produzione (concimi oltre i 100€, gasolio, sementi...).
Allo stesso tempo la stessa industria che aveva sottratto l’agricoltura e la pastorizia di parte dei propri campi e delle proprie “braccia” ha iniziato il suo lento decadimento.
Nel tentativo di risollevare le sorti della pastorizia, le azioni politiche hanno deciso di puntare sia sulla qualità sia sulla quantità del prodotto lattiero-caseario, investendo miliardi di soldi pubblici e privati nella realizzazione di mungitrici, serre, impianti irrigui, etc, che hanno portato all’indebitamento delle aziende.
L’errore più grande fu quello di smettere di affiancare gli operatori e di non cercare un mercato anche estero per la vendita del prodotto, anzi, si fece in modo che gli unici che potessero gestirlo fossero i 5-6 industriali-trasformatori presenti nell’isola concedendo loro anche delle agevolazioni.
Ora in Sardegna si è raggiunto il fondo! È impossibile continuare a produrre sottocosto!
Un solo esempio: i prezzi di produzione di un litro di latte si aggirano intorno ai 0,80-0,90€/l. Quest’anno lo stesso latte è stato pagato ai pastori a 0,50-0,60€.
Tutto questo ha portato al fallimento di molte aziende, alcune di esse sono state addirittura ipotecate, le mungitrici e gli impianti irrigui sono in disuso, i campi incolti e la produzione in calo.
Ciò sta portando inevitabilmente alla morte della pastorizia.
I sindacati, per salvaguardare i propri interessi, non solo agiscono in disaccordo con i pastori che dovrebbero rappresentare, ma anche fra di loro stessi.
Straziati da tutto ciò, i pastori hanno lasciato i campi, si sono riversati nelle strade e ora si muovono uniti nella richiesta di ciò che dovuto loro.
Per ritornare a "vivere le campagne", come sintetizzato nella piattaforma delle richieste, i pastori hanno bisogno che la politica agricola cambi e che vengano ripristinate quelle misure basilari per un’isola come la Sardegna.
Occorre abbattere i costi di produzione. Queste sono alcune delle possibili misure da seguire:
1. ripristino della continuità territoriale;
2. diminuzione dei costi energetici e dei carburanti: ogni azienda dovrebbe usufruire di uno sconto dei carburanti per almeno un macchinario in suo possesso;
3. costo minimo dell’acqua dei consorzi di Bonifica, non come ora che si viene a pagare 0,65€ per ogni ettaro di terreno non coltivato solo perché il tubo irriguo passa nelle vicinanze;
4. non consentire alle industrie di trasformazione che hanno usufruito di contributi di acquistare il latte ad un prezzo così basso (0,50€/l) per poi portarlo fuori dall’isola e rivenderlo a prezzi dannosi anche per gli altri allevatori;
5. attuazione della norma De Minimis per le indennità alle aziende sarde;
6. dare il formaggio in eccesso ai paesi più poveri;
7. una Banca finanziaria per gli allevatori facenti parte di associazioni o cooperative che conceda prestiti a tasso zero nei periodi di bassa produzione (autunno) da restituire durante la stagione di maggiore produzione stornandolo in percentuale dall’assegno mensile;
8. blocco dei contributi previdenziali e delle cambiali agrarie finchè la situazione continua a versare in uno stato di crisi.
I produttori dovrebbero invece unirsi e formare più associazioni produttive in tutta la Sardegna con relativo centro di raccolta, stoccaggio e pastorizzazione del latte, di modo che siano gli industriali a rivolgersi ai pastori per la vendita del latte e non viceversa come è accaduto finora. Il tutto mediante finanziamenti regionali e la gestione dei pastori stessi.
Poiché il Movimento Pastori possiede quanto serve per la realizzazione di quanto detto, penso che in un paio di anni possa essere possibile per l’agricoltura e la pastorizia la ripresa del proprio cammino e del proprio lavoro con lo stesso entusiasmo iniziale.
Santino Meloni
Per ulteriori informazioni sul MPS, consultare il sito: www.movimentopastorisardi.org
[31 agosto 2010]
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